La carne di selvaggina e la cacciagione sono sostenibili!
La selvaggina è una carne etica, salubre e infinitamente sostenibile. Infatti non subisce
alcun trattamento farmacologico, garantisce praticamente zero emissioni di CO2 e non c’è
consumo di terreno e acqua per la sua produzione, tranne che per le risorse usate in
modo naturale e che fanno parte di un normale ciclo biologico.
Per fare un esempio, l’acqua che viene consumata è quella che gli animali trovano in giro,
come l’acqua piovana in pozzanghere o corsi d’acqua, fiumi o laghi. Quindi è acqua che gli
animali bevono in natura. Lo stesso si può dire per le altre risorse, in quanto la carne di
selvaggina si “alleva” praticamente da sola e non serve alcun input umano per la sua
produzione.
Per quanto riguarda invece il metano e la CO2 naturalmente emessi dai selvatici come
erbivori e ungulati, c’è da sottolineare che a differenza della CO2 che deriva dall’utilizzo
dei combustibili fossili, il metano e la CO2 degli animali fanno parte del naturale ciclo
biogenico del carbonio. Cioè con la fotosintesi, le piante catturano l’anidride carbonica
dall’atmosfera, assorbendo il carbonio e rilasciando ossigeno. Quel carbonio viene
convertito in carboidrati nella pianta, che viene quindi consumato dagli animali selvatici,
per poi essere digerito e rilasciato dagli animali come metano e CO2.
Quindi mentre i combustibili fossili immettono nuova CO2 in atmosfera che permane per
migliaia di anni, quella degli animali fa parte di un ciclo naturale.
Inoltre il metano, pur avendo un potere climalterante maggiore della CO2, permane in atmosfera solamente 10
anni, svanendo quindi completamente nel nulla in poco tempo. Per questo motivo l’impatto
ambientale della selvaggina non è preoccupante, specialmente se viene tenuta
numericamente in equilibrio nell’ambiente in cui vive attraverso la pratica della caccia.
La caccia infatti è strettamente regolamentata e aiuta l’ambiente, rappresentando un modo
per tenere sotto controllo il numero di animali, il cui surplus rappresenterebbe altrimenti un
problema. Ad esempio, troppi cinghiali sono un danno ambientale, perché rovinano i
raccolti, aumentano il rischio idrogeologico, il rischio di zoonosi o di malattie come la PSA
e possono costituire un pericolo per l’uomo se si avvicinano alle aree urbane.
Anche nelle foreste, se la popolazione dei grandi animali erbivori, come l’alce e il cervo
non venisse mantenuta ad un livello sostenibile, questi inizierebbero a moltiplicarsi in
maniera incontrollata, spazzando via l’intera vegetazione e distruggendo il loro stesso
habitat, generando carestie e distruzione di foreste.
La caccia quindi aiuta a ripristinare il
giusto equilibrio agro-silvo-pastorale garantendo che il numero di animali sia mantenuto a
livelli stabili e sostenibili, e trasformando così un problema in vantaggio.
Dunque la carne di selvaggina non solo è sostenibile dal punto di vista ambientale, ma
anche per quanto riguarda il benessere degli animali, perché sono totalmente liberi in
natura. Non vengono impiegati antibiotici né altri tipi di farmaci, essendo gli animali
interamente allo stato brado nel loro ambiente naturale.
La carne di selvaggina è quindi una risorsa rinnovabile, una carne naturalmente biologica, rispettosa dell’ambiente e che rappresenta un’opportunità per nutrire il pianeta con zero risorse.